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La devozione dell'Arcangelo Michele a Peschici

di  Michele d'Arienzo

Gli inizi del rapporto devozionale fra gli abitanti di Peschici e S. Michele, allo stato delle ricerche, si intrecciano con   la vicenda stessa della nascita di questa cittadina, sorta in un momento cruciale per la storia  del  culto micaelico. Infatti al tempo di Ottone I di Sassonia, sovrano del Sacro Romano impero, i Saraceni assalirono il Gargano per depredare la grotta angelica dei beni offerti dai numerosi fedeli che vi accorrevano.

Correva l'anno 970. Il principe longobardo Pandolfo, duca di Benevento, e Sueripolo capitano degli Slavi, alleati dell'imperatore, venuti in soccorso dei Garganici riuscirono ad  evitare lo scempio del luogo sacro e a salvaguardarne l'incolumit�, sconfiggendo gli assalitori. Per l'aiuto ricevuto Ottone don� ai soldati del condottiero slavo dei territori, nei quali sorsero   le "colonie" di Vico e di Peschici.

Di un luogo di culto micaelico in territorio di Peschici la testimonianza pi� antica risale alla seconda met� del XII secolo. Infatti Guglielmo II, re di Napoli, Puglia e Sicilia, devotissimo di S. Maria di Tremiti e di S. Maria di Calena, riconobbe a quest'ultima immunit�, franchigie e prerogative, tra cui anche la protezione su una chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo.

E sempre con Guglielmo II, di l� a pochi mesi, la storia di Peschici si intrecci� ancora una volta con quella della citt� dell'Arcangelo. Il re normanno, insieme ad altri centri e territori del Promontorio, nel febbraio 1177 comprese anche Peschici nella Signoria dell'Onore di Monte Sant'Angelo, il dotalizio da riconoscere e assegnare alla principessa Giovanna, figlia di Enrico II re d'Inghilterra, scelta come sua sposa. 

Analizzando le testimonianze devozionali presenti oggi in Peschici, una statuetta dell'Arcangelo, quasi come guardiano del paese, � contenuta in una nicchia ricavata sulla Porta del Ponte, punto nevralgico della vita cittadina nei secoli passati. 

La presenza della statua nelle porte di accesso, con tutta certezza,  si pu� spiegare con quanto si � verificato sul Gargano e in tanti posti della Puglia e dell'Italia a seguito dell'epidemia di peste scoppiata nel Meridione e diffusasi in altre parti della penisola durante il 1656, anno dopo il quale la devozione per S. Michele ricevette un certo impulso, radicandosi ancor di pi� nella coscienza popolare.

Autorit� civili e religiose decisero di porre la statuetta dell'Arcangelo nei punti nevralgici del nucleo abitativo del paese, oggi "centro storico", in modo che lo spazio fisico apparisse come "occupato" dall'immagine sacra o dalla pietra benedetta, l� messa per respingere influssi negativi e per garantire agli abitanti una continua e sicura difesa contro la peste, ma anche  contro ogni sorta di pericolo.

Come rileva Michele Biscotti nell'album fotografico " Peschici di un tempo", gli abitanti del paese invocano ancora oggi l'Arcangelo anche come protettore dai terremoti con l'espressione "Sammec�ele, Sammec�ele," quando la terra trema. E in queste zone i terremoti nei tempi passati sono risultati molte volte rovinosi per la comunit�, a causa della particolare intensit� e potere distruttivo.

Questo bisogno di protezione si concretizz� nella volont� - impegno a recarsi in pellegrinaggio a recarsi in pellegrinaggio alla grotta di S. Michele in Monte Sant'Angelo. Venne cos� ripristinata una tradizione, quella appunto dei viaggi di penitenza e di devozione ai  santuari, che  aveva subito una certa flessione se non una stasi vera e propria, dopo la Riforma protestante.

Tornando al discorso sulle testimonianze micaeliche in Peschici, oltre alla statua sulla Porta del Ponte (sottoposta quest'ultima a vincolo storico-artistico con D.M. del 3 marzo 1951), c'� la chiesetta dedicata all'Arcangelo nella parte antica dell'abitato, chiamata da Giuseppe  Martella "S. Michele dei castellani". Di essa, per�, non si trovano notizie nella descrizione di chiese, cappelle, oratori, monasteri, romitori e conventi della diocesi inserita dal Sarnelli nell'appendice alla sua monografia sui vescovi e arcivescovi sipontino-garganici, n� nel resoconto della visita pastorale effettuata nel 1675 dal card. Orsini, avendo il piccolo edificio sacro la funzione di cappella privata.

Una foto scattata qualche anno fa e riprodotta in un volume sul Gargano, edito nel giugno 1988 con il contributo culturale di vari studiosi locali, documenta la chiesetta, il campanile a vela ancora in accettabile stato, l'annessa campana con mozzo e relativa fune per suonarla. Ma, dal luglio '88 la campana non � pi� al suo posto e prima Piero Giannini sul "Quotidiano di Foggia" il 27 agosto, poi Giuseppe Martella nello stesso giornale del 3 settembre nonch� in "Garnews" del febbraio '89 ne hanno denunciato la sparizione!

Dal Martella si apprende che "la pregevole campana" fu donata da don Francesco Emanuele Pinto, principe di Peschici e Ischitella. Inoltre, come risulta da un'annotazione a firma dell'arciprete don Giovanni Dattoli nel libro dei battezzati della parrocchia di S. Elia il giorno 14 settembre 1738, la  stessa era compresa in una terna di campane (la maggiore detta di S. Maria; la mezzana di S. Elia e la pi� piccola appunto di S. Michele), consacrate nella chiesa parrocchiale,  su autorizzazione dell'arcivescovo di Manfredonia mons. De Marco, da  don Pietro Salvi Piacentino dei canonici Regolari Lateranensi, ultimo abate di S. Maria di Calena.

Durante un sopralluogo fatto per accertare la presenza di testimonianze devozionali micaeliche attualmente nei rioni di Peschici, lo scrivente ha preso nota di una iscrizione, incisa sulla facciata della chiesetta in caratteri capitali, cio� a stampatello maiuscolo, e posta al di sopra dell'architrave della porta.

Il testo � il seguente: HEC EST DOMUS QUA ORAT SACERDOS PRO DELICTIS ET PECCATIS POPULI. Con qualche leggera, ma necessaria integrazione si traduce nel modo appresso indicato: " Questa � la casa del Signore (nella)  quale un sacerdote prega per le malefatte ed i peccati della gente" . C'� poi la data 1585. La porta conserva resti di croci in legno, l� affisse con valore certamente apotropaico, cio� per allontanare influssi malefici. Uno spioncino permette di intravedere a malapena il gruppo scultoreo con S. Michele dal mantello rosso, gonnellino azzurro e calzari, rappresentato in posa plastica nel mentre brandisce la spada, e un deforme ma  indomito Lucifero, da lui tenuto a freno con il piede destro.

Detto sopralluogo ha permesso, inoltre, di riscontrare altre figure dell'Arcangelo, come sentinella delle vie sulle quali deve vigilare giorno e notte, edicole devozionali  poste qua e l� nell'abitato a difesa dello spazio urbano. Altre si possono osservare in luogo consacrato. Nella Chiesa madre, infatti, vi sono due statue, un quadro del pittore Alfredo Bortoluzzi (parte di un trittico); S. Michele, poi, � riprodotto in una tela settecentesca appesa nella prima cappella a sinistra dell'ingresso.

Una ricerca sul campo, promossa allo scopo di acquisire dati e notizie sulla pratica del pellegrinaggio da questa cittadina alla grotta micaelica,  ha azionato il meccanismo del risveglio della memoria storica in quanti o ne sono stati protagonisti in prima persona, o ne hanno conservato il ricordo perch� acquisito attraverso la trasmissione orale di amici, parenti, familiari, conoscenti anziani.

La prof.ssa Grazia Silvestri del "Centro Studi Martella" e la prof.ssa Angela Campanile della Scuola Media " Libetta", che l'hanno effettuata utilizzando un questionario predisposto allo scopo,   sono riuscite a recuperare parecchi elementi interessanti, almeno per quanto riguarda la prima met� di questo secolo.

Sono dati sul ceto sociale dei pellegrini e sul loro specifico vettovagliamento; sull'uso dei mezzi di trasporto d'epoca; su nomi, cognomi e soprannomi di persone coinvolte; sulle implicazioni morali del pellegrinaggio (motivazioni remote e immediate, grazie richieste e ricevute, voti fatti e poi sciolti ai piedi dell'Arcangelo); sugli aspetti economici (costi in fatto di trasferimento, vitto, alloggio e acquisti; pagamento messe; offerte in denaro alla chiesa) e religiosi ( riti, preghiere, invocazioni e canti particolari); sugli itinerari abituali o alternativi sul territorio, ecc...

La lettura dei bollettini, che si pubblicavano a cura della direzione del santuario, ha permesso di individuare altre notizie sui rapporti tra gli abitanti di Peschici e la basilica micaelica. Nel bollettino "Michael e il Gargano" sono presenti contributi culturali di Michele Vocino.

Lo scrittore, nativo di Peschici, non manc� mai di sottolineare il proprio legame con l'importante centro di culto angelico, pubblicando ben tre monografie in cui ne  evidenzia il fascino ed il ruolo di richiamo e aggregante a livello regionale, nazionale e mondiale.

La storia del pellegrinaggio degli abitanti di questa cittadina alla dimora angelica di Monte Sant'Angelo attende ora il suo fedele narratore.

Auguri, pertanto, ai Sammichelari di Peschici per il viaggio del 18 maggio 1998 e gli anni a venire, nel ricordo di chi durante i secoli scorsi ha inteso e vissuto il pellegrinaggio come manifestazione di devozione religiosa e, soprattutto, dal carattere penitenziale, di sacrificio, ma anche di temporaneo distacco dal duro vivere quotidiano, nella penombra ristoratrice di quella millenaria grotta!

 

 

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